sabato 29 dicembre 2018

Notizia del giorno 5 gennaio 2014.

 Pubblico un vecchio articolo che allora non pubblicai. Sempre utile...

Stefano Fassina ha dato ieri le dimissioni irrevocabili dal suo incarico di vice ministro dell'Economia del (primo) Governo Letta. Visto il rilievo che viene dato al fatto dai giornali di oggi, sembra che sia proprio la notizia del giorno, per noi italioti.

A dire il vero io propenderei, nella scala d'importanza tra le notizie di ieri (o dell'altro ieri), a scegliere quella che racconta che è stato "svelato il mistero delle luci prima dei terremoti" che dimostra, se non altro che quel tal Giampaolo Giuliani non era affatto un parolaio in cerca di notorietà (anche se ha dovuto passare attraverso la gogna mediatica  mainstream prima di avere la soddisfazione di riconoscimenti ufficiali e tardivi delle proprie tesi e delle proprie azioni persino dal Tribunale dell'Aquila).
Ora anche la scienza ufficiale, quella foraggiata da enormi finanziamenti pubblici e privati, scopre che "un giorno riusciremo a prevedere i sismi" ma anche che "i terremoti restano imprevedibili"... contorsioni linguistiche e di pura logica, da parte di servi prezzolati, atte a compiacere i propri padroni. Cialtroni.

Ma si sa, non si discute troppo con la propria schizofrenia, e quindi Fassina sia...
In fondo sempre di un gruppo di cialtroni andremo a parlare.
Dunque Fassina si è dimesso per le parole dette su di lui da Renzi che ai giornalisti che gli chiedevano se nel rimpasto, parola non usata ma da lui praticata, del governo fosse coinvolto anche l'ex responsabile del settore Economia e Lavoro del PD ha risposto con un vacuo: "Fassina, chi?".


Strano, perché i rapporti tra i due sono sempre stati aperti e ammantati da grande rispetto personale, ben riassunti in questo intervento del 2012 di Fassina in quella trasmissione radiofonica irritante e regno di pettegolezzi di regime che è "La Zanzara":



 

Certo il disprezzo esibito tra uomini politici della così detta sinistra italiana sono una sorta di regola imprescindibile. Se due uomini politi litigano con lo scopo di distruggersi l'un l'altro come persone anche aldilà delle dichiarate idee politiche, statene certi quei due sono "della sinistra".
Ma perché Fassina negli ultimi anni ha accumulato detrattori importanti e convinti come Renzi e Monti anche ben oltre l'importanza stessa dei ruoli ricoperti dal polito romano?
Il nostro è un bocconiano, appartiene quindi ad una "famiglia" ritenuta indiscutibilmente "nobile" dai più. Perché dunque questo astio così mirato e così "tranchant"?
Nel gennaio 2012, Mario Monti definisce Fassina il "...conservatore le cui tesi il PD deve isolare per rinnovarsi...". Ora quello sprezzante "Fassina, chi?" di Renzi.
Va bene contrastarne le idee troppo di sinistra, ma perché snobbare o addirittura indicarlo come una sorta di fonte del "male"?
Vero che Fassina si è impegnato molto a distinguersi negli ultimi due anni sia da Monti che Renzi, ma come tanti altri. Perché proprio lui e particolarmente lui?

Fassina si prese la briga di contestare Monti già nel lontano 1989. Succedeva che, a 23 anni, Fassina, romano, figlio di un operaio e di una casalinga, si trovasse a Milano, alla Bocconi, con una borsa di studio per frequentare il corso di Discipline economiche e sociali, che il consiglio di amministrazione aveva appena deciso di abolire.
Ne seguì la protesta e l’occupazione dell’ateneo da parte degli studenti, che alla fine furono convocati dal Rettore Monti:
«Andai solo io—ricorda Fassina—Monti mi accolse con freddezza, ma alla fine il corso venne salvato». Dopo la laurea un periodo da ricercatore universitario, «molto precario», e nel ’96 un’esperienza al ministero dell’Economia guidato da Ciampi. Poi 5 anni a Washington al Fondo monetario internazionale, quindi di nuovo al ministero con Vincenzo Visco e infine responsabile Economia e lavoro nella segreteria del Pd di Pier Luigi Bersani. Incarico dal quale saluta con favore il governo Monti. Ma l’apertura di credito dura poco.
Quindi si potrebbe supporre che sarebbe soprattutto nell'astioso carattere montiano che andrebbe ricercato il senso di una personalizzazione altrimenti non propriamente razionale.
















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